Un'analisi del film Persona (Persona, 1966) che muove dalla metafora della maschera, nella vita come nell'arte e dal silenzio come rappresentazione universale della incomunicabilità. temi ricorrenti nel grande cinema di Ingmar Bergman.
Come il uno specchio è la storia di una donna psicotica (Karin) in vacanza su un'isola col padre, il marito e il fratello. Dopo il riacutizzarsi della crisi chiede di essere portata in ospedale ma non vuole essere curata.
Finalmente, nell'autunno del 1957, per Ingmar Bergman arrivò il momento di dedicarsi alla ...nascita della vita. Sebbene c'è da dire che, contrariamente a quanto troppo frettolosamente si è indotti a pensare, in Ingmar Bergman vita e morte non sono mai momenti così radicalmente distinti e il momento della nascita non può essere considerato mai troppo lontano dal momento del trapasso.
Il cinema di Ingmar Bergman, il Genio di Uppsala, spiegato a chi lo ignora attraverso le recensioni di 18 grandi film e due saggi sull'influenza sui suoi film della filosofia di Kierkegaard e del teatro di Strindbergh.
Verso la metà del '800 una carrozza attraversa un bosco atro. Viaggia verso la città più grande della Scandinavia. Trasporta un gruppo di persone, guidato dall'illusionista Albert Emanuel Vogler, che forma la cd. Compagnia medico-ipnotica del Dottor Vogler.1 Nella compagnia di Vogler (seguace delle pratiche del mesmerismo2) ci sono la moglie Manda, che si presenta travestita da ragazzo con il nome di Aman, la nonna e Tubal. La carrozza è guidata dal giovane Simons. Al confine l'intera compagnia viene fermata e accompagnata dalla polizia a palazzo. Al palazzo trovano ad attenderli il console Egerman e la moglie Ottilia, e il dottor Vergerus3, un medico di Stato positivista4 e scientista5.
This collection offers new and insightful perspectives on Ingmar Bergman's work as a film and theatre director as well as writer of fiction. Ingmar Bergman's rich legacy as a film director and writer of classics such as The Seventh Seal, Scenes From a Marriage, and Fanny and Alexander has attracted scholars not only in film studies but also of literature, theater, gender, philosophy, religion, sociology, musicology, and more. Less known, however, is Bergman from the perspective of production studies, including all the choices, practices, and routines involved in what goes on behind the scenes. For instance, what about Bergman's collaborations and conflicts with film producers? What about his work with musicians at the opera, technicians in the television studio, and actors on the film set? What about Bergman and MeToo? In order to throw light on these issues, art practitioners such as film directors Ang Lee and Margarethe von Trotta, film and opera director Atom Egoyan, and film producer and screenwriter James Schamus are brought together with academics such as philosopher and film scholar Paisley Livingston, musicologist Alexis Luko, and playwright and performance studies scholar Allan Havis to discuss Bergman's work from their unique perspectives. In addition, Ingmar Bergman at the Crossroads provides, for the first time, in-depth interviews with Bergman's longtime collaborators Katinka Faragó and Måns Reuterswärd, who both have first-hand experience of working intimately as producers in film and television with Bergman, covering more than 5 decades. In an open exchange between individual and institutional perspectives, this book bridges the often-rigid boundaries between theoreticians and practitioners, in turn pointing Bergman's studies in new directions.
Quell'omino che vediamo è lo stesso che poco tempo prima voleva uccidere tutte le donne del mondo. È proprio lui. E ora fa di tutto e si dispera perché una di loro possa tornare a vivere. Luci della ribalta è un film possente, geometrico, torbido e menzognero dove la bellezza, come il sole sugli specchi, gibigianando va. Eccolo Buster Keaton. Una sfingea apparizione di pochi secondi ove per poco il cor non si spaura. Insieme. Come se Michelangelo scolpendo il David avesse fatto fare l'orecchio sinistro a Leonardo. Luci della ribalta è un film che sferza e ci aggrandisce. Incatena l'attenzione dello spettatore. Il film "ideologico" più riuscito di Chaplin poiché conserva intatta la forza del sentimento che è l'unica, vera forza rivoluzionaria. Ma questi sono discorsi. I fatti sono che quando si torna a casa la notte dopo aver visto un film così, guardando il cielo stellato ci vien di sussurrare: "L'ho già visto.